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      Quando gli ebrei di Auschwitz attesero in Puglia la loro Terra Promessa

      ebr

      All’indomani dell’armistizio dell’8 settembre del 1943, numerosi profughi ebrei (in maggioranza non italiani) erano presenti nelle zone dell’Italia meridionale liberate dagli Alleati.

      A causa della promulgazione delle leggi razziali erano stati confinati in alcuni campi per l’internamento civile voluti da Mussolini (in Puglia se ne contavano diversi, alle Isole Tremiti, ad Alberobello, a Manfredonia).

      casa rossa

      Con la progressiva liberazione dell’Italia, il numero dei profughi iniziò a crescere.  E soprattutto con la fine del conflitto, quando in Italia si riversarono migliaia di reduci dai campi di concentramento di tutta l’Europa centrale.

      Allo scopo furono requisite scuole, caserme, edifici pubblici o, più semplicemente, alcuni complessi di case o ville.

      Diversi di questi campi si trovavano in Puglia, nella zona del Salento, a Tricase, Santa Caterina di Nardò, Santa Maria di Leuca, Santa Cesarea Terme e soprattutto a Santa Maria al Bagno.

      santa ma

      Santa Maria al Bagno (una delle marine del Comune di Nardò) era allora un piccolo borgo di pescatori, ma anche una località turistica dove sorgevano numerose ville e case per vacanza che potevano essere requisite per i profughi.

      Già alla fine del 1943 vi si era insediato per un breve periodo un gruppo di profughi slavi. Dal 1944 la località servì prevalentemente come campo di accoglienza per gli ebrei.

      Il Displaced Persons Camp number 34 (la sua denominazione ufficiale) divenne il più grande campo profughi di Puglia.

      Per far fronte al costante flusso di profughi vennero inizialmente requisite 106 abitazioni di villeggiatura a cui poi con il tempo se ne aggiunsero altre 173.

      La direzione del campo fu stabilita presso Villa Saetta e la cosiddetta municipalità ebraica, presso Villa Personè (oggi De Benedittis). Altre Ville, Fonte e Falco (detta Ave Mare), furono attrezzate per la mensa e per la scuola di formazione. La Sinagoga era ospitata in una casa della piazzetta.

      La vita nel campo era largamente autogestita dai profughi stessi. Vi si costruirono l’asilo nido, la scuola, mense, biblioteche, l’ospedale e l’ufficio postale.Vennero avviate attività commerciali e furono attivati corsi di falegnameria, maglieria, sartoria, scrittura a macchina, meccanica o pesca per gli adulti.

      La maggior parte dei profughi erano persone giovani, provenienti dai più svariati paesi europei, desiderose di cominciare una nuova vita dopo le sofferenze dell’Olocausto.

      Nel campo si celebrarono oltre 400 matrimoni e nell’ospedale di Leuca nacquero oltre duecentocinquanta bambini ebrei.

      ebrei

      I profughi sin da subito cominciarono a barattare gli alimenti e gli aiuti eccedenti con servizi e beni che potevano essere loro forniti dalla popolazione locale.

      Con il tempo i rapporti tra gli ebrei e i salentini si fecero sempre più stretti e solidali. I ragazzi del campo frequentavano la scuola e giocavano con i ragazzi locali.

      Non è facile stabilire il numero esatto delle migliaia di rifugiati che vi passarono tra il 1944 e il 1947. Nei momenti di maggior affollamento si arrivò ad una presenza sul luogo di oltre 2000 persone.

      Tra i profughi vi furono anche alcuni dei futuri protagonisti delle vicende politiche dello Stato d’Israele, come Dov Shilanski, deputato al Parlamento d’Israele (Knesset) dal 1977 al 1996, poi presidente dal 1988 al 1992.

      Il campo profughi di Santa Maria al Bagno chiuse nel 1947. Il flusso dei rifugiati si era ormai esaurito e si era aperto il processo che avrebbe portato, l’anno successivo, alla costituzione dello Stato di Israele.

      murales

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