Il griko salentino è una delle due varietà di neogreco parlate in Italia (l’altra è il grecanico parlato in Calabria).
Nell’anno 1000 la diffusione della lingua greca nel Salento copriva l’intero territorio, giungendo fino alla linea Taranto-Brindisi.
Fu un processo lento. Ancora nel XIII secolo lo splendido monastero di San Nicola di Casole, ad Otranto, ospitava una delle biblioteche più ricche d’Europa e un circolo di poeti in lingua greca. Tra questi, da citare sono Giorgio di Gallipoli e Nicola di Otranto.
Purtroppo, il monastero andò distrutto a seguito della breve presa turca di Otranto nel 1480.
Nel XIV-XV secolo il greco si era già ridotto notevolmente rispetto alla diffusione di un tempo, tuttavia era ancora parlato in località quali Galatina, Galatone, Casarano, e soprattutto Gallipoli.
Successivamente l’area ellenofona si è ulteriormente ristretta arrivando a comprendere solo questi comuni, definiti appunto Grecìa Salentina
- Sternatia
- Zollino
- Castrignano dei Greci
- Calimera
- Soleto
- Melpignano
- Martignano
- Corigliano d’Otranto
- Martano
Le origini del griko
- Teoria bizantina = secondo questa teoria, trattata in modo sistematico dal linguista milanese Giuseppe Morosi (1844-1891), il griko salentino trarrebbe appunto origine dal periodo bizantino. Questa teoria ritiene infatti impossibile che con la conquista romana, in Italia, sopravvivessero a lungo lingue alloglotte rispetto al latino;
- Teoria magnogreca = formulata dallo studioso tedesco Rohlfs. Secondo questa teoria il greco in Salento si parlerebbe senza soluzione di continuità sin dai tempi della Magna Grecia.
- Teoria ibrida. Alle due teorie principali si aggiunge quella del filologo italiano Domenico Comparetti (1835-1927), il quale riteneva che allo sviluppo del griko salentino e del grecanico calabrese avessero egualmente concorso ondate di popolazioni sia in età classica che in quella bizantina.
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