
La trasformazione di questo antro in luogo di culto micaelico è avvenuta durante il Medioevo, quando, secondo la leggenda, San Michele entrò nella grotta seguito da un grosso toro che a causa delle sue dimensioni restò incastrato nella roccia. Non appena il suo padrone riuscì a liberarlo, l’uomo restò abbagliato dalla forte fonte di luce dell’Arcangelo.
Subito dopo questo prodigioso evento, il pastore tornò in paese per raccontare a quanto assistito. Fu proprio al ritorno nella cavità che i compaesani trovarono San Michele, in ginocchio e assettato con le mani posate a terra nel punto esatto in cui poco dopo iniziò ad affiorare una sorgente d’acqua.
I particolari contenitori che raccolgono l’acqua che gocciola dal soffitto e gli altari minori sono dedicati a vari santi tra cui Santa Lucia, San Raffaele e la Santissima Annunziata;
Da quel momento la grotta viene allestita con un altare di San Michele situato in fondo alla cavità e sormontato da un’urna con quattro colonne marmoree che custodisce una copia conforme alla statua di San Michele Arcangelo custodita nel santuario di Monte Sant’Angelo.
Con il trascorrere degli anni e con il continuo diffondersi del culto micaelico, la grotta è stata pian piano riempita con altri due altari votivi, probabilmente di origine romanica e destinati a celebrare San Raffaele e l’Annunciazione.
Proprio dietro l’altare principale, inoltre, è tutt’oggi possibile notare i resti di alcune raffigurazioni religiose o pitture parietali policrome appartenenti a un’epoca imprecisata. Di particolare rilievo sono le figure dei quattro evangelisti e della Madonna con il bambino.
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